L'occhio di Lince - Lamarca male...



Ciao! Come ti avevo promesso, rieccoci a Barcellona, nella sala d'aspetto 1A della clinica Barraquer. 
Avevamo lasciato Lince e Whisky in trepidante attesa di incontrare per la prima volta il dottor Lamarca, il nuovo medico a capo del reparto dei problemi corneali, con la speranza (anzi la certezza!) che con un rinnovato paio di occhiali tutto sarebbe tornato alla normalità. 
Ne ero proprio convinta, sai? 
Mi avrebbe visitata e avrebbe detto: "La vista va bene, è solo ora di cambiare le lenti...''


Invece no!
Il medico mi guarda, si stranisce, si sgomenta, non parla, richiede altri esami... le lenti vanno bene, non sono da sostituire; quella che va cambiata è la cornea.
Mannaggia!
Non me lo aspettavo!
Sarò stupida, sarò ingenua, ma proprio non me lo aspettavo!
''Urgenzia'' dice il chirurgo. Sì, ma quanta?
Per stabilirlo occorre un altro esame ancora; però dobbiamo prendere il volo di rientro, non possiamo trattenerci oltre o l'aereo partirà senza di noi. Mica potevamo immaginarcelo che una semplice visita di controllo si sarebbe trasformata in una maratona di indagini cliniche! L'esame mancante dovrà attendere, si farà la prossima  volta.
''Quando?'' chiedo candidamente.
''L'anno prossimo.'' mi fa il chirurgo in spagnolo.
''Benone'' penso ''se si parla di un anno, allora la barriera linguistica mi ha fregato: la faccenda non dev'essere così grave, alla fine!''
''Il 9 gennaio'' dice Eva, l'assistente.
Guardo il marito, guardo il medico e sorrido: ottimo! Ripeto la data per conferma: '' Il 9 gennaio?'' la mia domanda lascia trasparire uno stupito sollievo che però dura poco.
''Prima è impossibile, ci sono di mezzo le feste...'' si scusa quasi Eva.
Ah! 
Quindi... l'anno PROSSIMO... come quando gli ''spiritosi'' il 31 di dicembre ti dicono ''... e allora ci vediamo l'anno prossimo!'', un anno in quel senso lì!
Cazzo.

Meno di un mese dopo siamo ancora nella sala 1A sempre in trepidante attesa. 
Questa volta, però, per stare dalla parte della ragione, ci fermeremo in città due giorni, mica che si debba ritornare per un altro esame mancato per ragioni di tempo! In due giorni vuoi che non riescano a rivoltarmi come un calzino!?
Ironia della sorte, in un'oretta me la cavo. Tutto bene, Lamarca è soddisfatto: il trapianto va eseguito, ma abbiamo tempo, si può aspettare qualche mese. Io e Whisky tiriamo un sospiro di sollievo e usciamo dalla clinica nel chiaro sole di gennaio; ci attendono quarantotto ore di vacanza! 
Rientriamo in Italia felici e contenti, ma io me la prendo di nuovo un tantino troppo comoda e nel momento in cui decido di fare l'intervento il destino mi fa lo sgambetto. L'artrite si è risvegliata: i farmaci che la tenevano a cuccia hanno smesso di funzionare. 
''Ora come ora di un'operazione non se ne parla proprio!'' mi fa il reumatologo durante il mio controllo quadrimestrale ''Prima dobbiamo riportare l'artrite in remissione, un intervento comporta la sospensione del farmaco biologico per almeno una settimana e in questo momento non possiamo permettercelo.''
Ecco fatto! Il trapianto doveva ancora attendere!
Ci è voluto del bello e del buono per far tornare la malattia sotto la soglia di guardia, ma il mio reumatologo è un ganzo, non accetta facilmente la sconfitta, la prende sul personale, lui, quasi più di me! 
E arriva l'autunno 2024: l'artrite è tornata nella sua tana e i tempi sono finalmente maturi. Nuova visita di controllo a Barcellona e... dopo Natale, con gennaio 2025 sarebbe iniziata tutta la trafila. Innanzi tutto il laser preparatorio almeno dodici giorni prima dell'intervento, prericovero con esami e visite venerdì 24, operazione lunedì 26, ventiquattr'ore in clinica, alcuni giorni di convalescenza in città e infine a casa, con l'occhio sinistro tirato a lucido! Per il destro di sarebbe aspettato, si opera un occhio per volta, per primo quello messo peggio: il sinistro, appunto, nel mio caso.
A novembre comincia a venirmi un po' di ansietta... 
A dicembre, beh, c'è Natale: addobbi, carole, menù della festa, programmi e progetti per le vacanze... Riesco a non pensarci troppo a quella data lì, terribile, minacciosa... segnata sul calendario! Ma arriva l'Epifania che, con tutte le feste, si porta via pure la mia serenità. Il quindici si avvicina subdolo e strisciante, mi insidia nel sonno con incubi ed ansie notturne. Mi avrebbero ''spsarato'' un raggio laser nell'occhio, capisci!? Nel mio personalissimo immaginario, il laser lo spara Ufo Robot agli alieni di Vega, è un'arma micidiale delle Guerre Stellari, mica una cosa da lanciare in un occhio ad una povera crista! 
La mattina del giorno X, sul volo Malpensa - Barcellona, mi sento come uno che deve fare il compito in classe di matematica, quello decisivo, che sancisce la promozione o l'esame a settembre.
Mesta e rassegnata mi avviavo al mio triste destino.  
Quando arrivo in clinica, mi mettono il braccialetto, mi fanno salire al terzo piano dove mi applicano il collirio, mi spediscono al settimo e mi lasciano in attesa una mezz'oretta nella quale l'occhio diventa sempre più buio, come se vedessi attraverso la lente di un occhiale da sole; poi mi chiamano. 10 minuti 10! Tutto lì! Tutto finito in quattro e quattrotto!
Hanno fatto tutto in uno studiolo piccino; io ero seduta col mento appoggiato al macchinario, il medico ha preso la mira, mi ha detto di non spaventarmi se avessi sentito... non ho capito bene cosa, non parlava italiano... Ha sparato! Io mi sono spaventata! Ho sussultato! Mi sono spaventata di aver sussultato mentre mi sparava! L'ho guardato: ''Oh no! Mi sono mossa! E adesso?!'' Lui ha ridacchiato: ''Quando lo hai sentito, avevo già finito da mo'!'' (non è che abbia detto queste esatte parole, ma in sostanza il concetto era quello!). Quello che mi aveva fatto saltare sul seggiolino era stato un micchetto, hai presente? Un micchetto nel mezzo dell'occhio! Non è stato doloroso, solo stranissimo e inaspettato. Il buco, però, non è venuto bene, la mia cornea è malridotta, opaca e spessa il doppio di una cornea normale, così mi spara un'altra volta e poi ancora una. 
Finito!
Due goccine di collirio e... ciao ci si becca, bro!
Scendo all'accettazione dove mi tolgono il braccialettino del ricovero che non ha nemmeno fatto in tempo a prendere la mia temperatura corporea; un altro ''Ciao, ci si becca'' e, proprio come due anni prima, sono fuori assieme a Whisky nel sole caldo di gennaio (a Barcellona fa caldo anche a gennaio!) per trovare qualche cosa da mettere sotto i denti prima di riprendere l'aereo e tornarcene a casa nostra.
Un paio di giorni dopo, però...
Mi ammalo! 
Avrò preso freddo in aeroporto? Avrò preso un malanno in aereo? Avrò preso troppa PAURA?! Boh! Fatto sta che mi viene la febbre e per essere operata devo stare bene, nemmeno un colpetto di tosse piccino picciò. 
Devi sapere che io ho un metodo tutto mio per superare i mali di stagione: niente Tachipirina, niente tisanine dal sapore disgustoso, niente alticci tazzoni di latte e cognac. Solo riposo. Prima a letto fino a che la temperatura è tornata alla normalità (vale a dire 36.3-36.4), poi sul divano in compagnia di film cretini, di una temperatura che può scendere anche sotto i 35 e, in caso di tosse, dell'unica ''medicina'' la cui inaudita putenza è in grado di riportarmi la salubrità del respiro: la Golia activ plus. Quando finalmente tutto si normalizza e inizio a sentirmi meglio, abbandono i melensi filmetti romantici che da sana non avrei guardato neppure sotto tortura, scruto intorno progettando di rimettere in sesto la casa (della quale per giorni si è occupato solo il marito, par-time e malvolentieri), fermamente decisa a riportarla agli altissimi standard di igiene a cui sono abituata e sollevo finalmente il mio ego dal divano. Tutto questo tran tran perdura all'incirca due settimane: da tre a cinque giorni di febbre, altri due o tre di ''febbre negativa'' e almeno una settimanella buona per tornare pimpante come prima. Dunque, non essendo la matematica un'opinione ed essendomi ammalata tre giorni dopo il laser, mai e poi mai avrei potuto guarire in tempo per il ricovero: l'operazione deve nuovamente essere rinviata. 
Nel mentre ne approfittiamo per ''ammazzare'' di domande Eva, l'assistente del chirurgo, che ci risponde puntuale e solerte, chiarendo tutti i nostri dubbi su quello che ci attenderà nel post operatorio e mandandomi completamente nel panico. Ti ricordi degli ''alcuni giorni di convalescenza in città''? Ecco. Salta fuori che non sono giorni, ma settimane! Due, per la precisione, se tre anche meglio. Io comincio a vacillare. Forse complice la febbre, l'operazione non la voglio fare più! Ma scherziamo!? Tre settimane lontani da casa! E Gallinella? E se poi l'operazione non viene? E se viene e io muoio subito dopo la convalescenza e ho perso tempo e mi sono persa tutte le cose belle che amo fare e non ho ballato più e ho avuto male per chissà quanti giorni e il voltati e scaravoltati ogni tre ore e un letto che non è il mio in una città straniera e tutti questi soldi (l'operazione costa cara!) e poi e poi...
Whisky tenta di farmi ragionare, di tranquillizzarmi; prima con calma, ma poi perde la pazienza!
Oh oh! Se alza la voce forse ho esagerato... forse ho perso la Trebisonda... Però la vita è la mia, però! Però nessuno mi può dire come la devo vivere! NESSUNO MI PUO' COSTRINGERE AD OPERARMI, SE NON VOGLIO! NESSUNO... tranne forse il buon senso. 
Alla fine recupero la salute e la serenità e torna anche il coraggio: rimandiamo il trapianto di due settimane, prenotiamo un appartamento a pochi passi dalla Barraquer e compriamo due biglietti aerei di sola andata per Barcellona: mi opereranno lunedì 10 febbraio, ormai è deciso.

Per ora ci fermiamo qui, ma tra due settimane arriverà puntuale la fine di questo lungo racconto.
Il prossimo sabato, invece, ti aspetto con una nuova linciosofata! Ciao!

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