Multiversi
"Biglietti prego!".
Atti mostra l'abbonamento e il capotreno passa al viaggiatore successivo. Quella mattina nemmeno un sorriso, un cenno della testa, nulla. Oggi va così, pensa la ragazza, oggi non ho proprio voglia di empatia, mi dispiace.
Quando aveva aperto gli occhi qualche decina di minuti prima, si era immediatamente accorta che era una di quelle giornate, rare per fortuna, in cui la sua naturale e pacata attitudine al contatto umano si trasformava in una ostinata chiusura nei confronti del mondo circostante.
La causa? Chi lo sa? Forse i battibecchi della sera precedente con quella zuccona di sua madre, forse i piccoli problemi di gestione della vita di coppia alla quale, per altro, è nuova, forse...ma è inutile starci a pensare, l'indomani sarebbe tornato tutto come prima, basta arrivare a sera.
Bisogna solo arrivare a sera.
In qualche modo.
La signora Rigamonti raccoglie tutte le sue forze, si concentra e visualizza i movimenti precisi che si accinge a compiere:
1 - sollevare un po' le gambe,
2 - ruotare leggermente il bacino,
3 - piegare le ginocchia,
4 - puntellarsi sui gomiti e poggiare i piedi a terra.
Posso farcela, si dice con convinzione, e poi si tratterà di alzarsi e camminare per qualche metro...Sì, ora sono pronta, 3, 2, 1...via!
Via vai.
Come sempre un gran via vai. Il treno della mattina presto, quello dei pendolari e degli studenti, non può che essere così: pieno, pienissimo, straripante. Chi si alza, chi si siede, chi chiede "Permesso!", chi ride o parla a voce alta, altissima, vertiginosa. Di solito Atti ascolta volentieri le conversazioni dei passeggeri che le siedono accanto e spesso ne viene coinvolta a tal punto da finirci addirittura dentro. Non è raro vederla chiacchierare tranquillamente con un gruppetto di compagni di viaggio del tutto sconosciuti, in virtù della sua suddetta capacità di naturale empatia, quella che oggi, inspiegabilmente, sembra essere entrata in sciopero.
Sembra essere entrata in sciopero. La sua casa sempre impeccabile ora è abbandonata a sé stessa. Alla signora Rigamonti piace l'ordine e la pulizia, non è abituata a convivere con un pavimento polveroso o un letto arruffato; ne soffre un po'. Ma che cos'altro può fare? E' dura diventare vecchi! Pensiero buffo per una quarantenne. Ma queste parole ultimamente le risuonano non di rado nel cervello.
E' invecchiata.
Tantissimo.
Di colpo.
Cioè: non proprio di colpo di colpo, ma quasi.
Quasi sereno.
Il cielo che accoglie i passeggeri al capolinea è quasi sereno. Insolito... Quella bellissima, famosa città, non brilla certo per un meteo impeccabile. Atti decide che neppure quel piccolo, inatteso regalo, quel (è proprio il caso di dirlo!) dono del Cielo, potrà cambiare in meglio il suo malumore; con una certa forzata indifferenza si tuffa giù per le scale della metropolitana che stanno ingoiando a lunghe sorsate i fiumi di viaggiatori appena sgorgati dalla stazione. Ora l'aspettano tre fermate prima di arrivare alla sua meta.
La meta di quella breve camminata è la camera da letto. Dal divano del salotto sono solo poche decine di passi, ma per la signora Rigamonti non è cosa da poco. Solo qualche mese fa, non più di due o tre, avrebbe compiuto quel tragitto senza nemmeno pensarci; anzi, a dire il vero, camminava avanti e indietro per la casa, tutta affaccendata, dalla mattina alla sera e non ci trovava assolutamente nulla di straordinario. Erano cambiate molte cose in così poche settimane! Proprio come le persone anziane, proprio come la sua nonna, viveva il ricordo di ciò che era stata la vita di "prima" come una sorta di età dell'oro: a quei tempi poteva arrampicarsi su una sedia per spolverare una mensola troppo alta o su di una montagna per godere un panorama mozzafiato; com'era brava, una volta, a vestirsi, pettinarsi, fare le scale!
Le scale che conducono ai binari sotterranei sono un po' ripide e un po' scivolose a causa delle migliaia di piedi che le percorrono avanti e indietro lungo tutta la giornata, in particolare nelle ore di punta. Atti teme sempre di cadere e rallenta il passo quando deve affrontare i primi gradini di quelle scale. Gli altri viaggiatori, invece, è proprio a questo punto del tragitto che accelerano improvvisamente. Perché? Atti se lo chiede spesso. I convogli passano con una tale frequenza che rischiare una caviglia per prenderne al volo uno le sembra del tutto innecessario. Quel tratto del suo percorso è quello più difficile. Non sono solo le scale: è l'aria. Si respira un'aria rapace, animalesca, quasi brutale. Sembra che lungo quei gradini si affondi in quella parte dell'animo umano che è rimasta primordiale e feroce: fa venire qualche brivido. Nessuno si guarda in faccia, nessuno offre aiuto, pochi sorrisi che sembrano più che altro ghigni, movimenti veloci, furtivi, circospetti.
La giungla metropolitana.
Sembra un luogo comune o un gioco di parole; ma è esattamente così.
Così alla fine di quella piccola maratona la signora Rigamonti si ritrova accanto al letto disfatto che ha lasciato diverse ore prima: alle prime luci dell'alba. Il nemico ancora senza nome che la tiene in scacco, le concede solo due o tre ore di riposo tra quelle lenzuola; poi il dolore vince sulla stanchezza e deve abbandonare il talamo per mettersi in viaggio verso il divano, dove con un sapiente groviglio di cuscini, la sua "cuccia" la chiama lei, può riuscire a ingannare il suo avversario e riposare ancora un po'.
E' quasi mezzogiorno e presto suo marito tornerà per il pranzo: per cucinarlo, il pranzo!
Tutto sbagliato!
Dovrebbe rincasare annusando qualche delizioso profumino, pregustandosi il meritato riposo di quel breve intervallo tra le ore lavorative e invece... Ma oggi almeno il letto rifatto vuole farglielo trovare.
Trovare posto sulla metro non è facile a quell'ora del mattino; tuttavia nessuno si lamenta di essere schiacciato in uno spazio vitale terribilmente angusto, condizione che troverebbe inaccettabile in qualunque altra circostanza. La vicinanza fisica che si sperimenta in metro sarebbe imbarazzante in qualsiasi altro contesto. Eppure tra i viaggiatori ammassati è riuscito a farsi spazio anche un passeggino con a bordo il suo piccolo ospite. La giovane mamma ha dato la giusta stabilità e lo spazio necessario al minuscolo veicolo; si vede subito che per lei è un'abitudine quotidiana portare il figlio in metro. E' veloce, efficace e solerte. Ma, terminata l'operazione, si è estraniata come tutti gli altri. Ora ha lo sguardo fisso davanti a sé, guarda senza guardare i volti troppo vicini di tutti quegli sconosciuti che ricambiano i suoi occhi vacui con il medesimo educato stratagemma: non siamo veramente qui, non siamo veramente così vicini, tra un secondo, o una fermata, ci risveglieremo da questo sogno bizzarro per tornare alla normalità.
Che cos'è la normalità?
Ognuno ha la propria risposta a questa domanda. La normalità per la signora Rigamonti era il lavoro domestico, la famiglia, le piccole grandi gioie quotidiane, la musica, la natura e la filosofia. Questa sarebbe stata la sua risposta "prima".
Ora non lo sa più. Ma non ha intenzione di arrendersi: deve trovare un modo, una chiave.
Tutto è diventato complesso e faticoso, la sua normalità, quella di "prima", è diventata un rompicapo apparentemente impossibile da risolvere.
Guarda le pieghe delle lenzuola e le sembrano complicate equazioni di meccanica quantistica. Mentre cerca una soluzione si dirige lentamente verso la finestra.
E' primavera inoltrata, quasi estate: per prima cosa bisogna far entrare un po' d'aria nuova profumata di fiori e di vita.
La vita a volte sembra farti i dispetti: tra tutti i giorni di tutti i mesi proprio oggi!
Atti è amareggiata.
Adora i bambini, comunicare con loro, cercare di capirli. Ma oggi è uno di quei famosi giorni, quelli no, quelli in cui il mondo esterno sembra incapace di scalfire la sua ostinazione. Ma il piccolo la osserva con un'indefinibile espressione sul giovanissimo volto. Tiene gli occhi fissi fissi su di lei.
Cosa vuoi da me bambino? Perché mi guardi così? Oggi non ho nulla da darti, oggi non ho nulla per nessuno, neppure per me! Sono un deserto.
Distoglie lo sguardo, si sente un po' a disagio. Dopo qualche istante spia il bimbo con la coda dell'occhio: la fissa ancora. Sente un moto di stizza, una piccola ribellione interiore.
UFFA!!! Lasciami stare, piantala di guardarmi! Non conosci le regole del gioco? In metro non ci si comporta così! Ma tu sei troppo piccolo per saperlo, vero? Tu stai cercando di capire il mondo, la gente, la vita...e cosa ti sto insegnando io oggi? Nulla di buono!
Nulla di buono...
Nonostante le dita cingano l'ottone senza stringerlo, la sensazione di sbriciolamento delle ossa non promette nulla di buono.
La signora Rigamonti si è bloccata, la mano sull'impugnatura, non ha neppure cominciato a ruotare la maniglia.
Cosa fare?
Cosa fare?
Atti è in bilico, in lotta con sé stessa. Ricambia lo sguardo del piccolo. Con me ti è andata male, bambino, ma vedrai che qualcuno un po' meno stronzo oggi ti regalerà un bellissimo sorriso.
Un bellissimo sorriso!
Così, dal nulla.
La signora Rigamonti sorride: a sé stessa, alla maniglia, all'aria fresca che vorrebbe far entrare dalla finestra ancora chiusa.
Perché sta sorridendo?
Non lo sa.
Non lo sa se è vero, non lo sa se il bambino oggi raccoglierà il sorriso che va cercando tra la gente accalcata nel convoglio della metropolitana. Lo ha pensato solo per lavarsi la coscienza. Ma se non fosse così? Se, per una qualche strana ragione, regalare a quel bimbo il suo sorriso quotidiano oggi fosse toccato a lei, a lei soltanto? Cosa succederebbe se decidesse di abdicato a quel compito?
Può un sorriso cambiare il corso delle cose?
Può un sorriso cambiare il corso delle cose? Si domanda la signora Rigamonti in piedi accanto alla finestra.
Come una finestra che improvvisamente viene spalancata, un sorriso buffo e sdentato risponde a quello un po' incerto, un po' forzato della ragazza.
Un piccolo principe ha spezzato il maleficio: Atti non è più quella di poco fa.
Il muro si è infranto, il bozzolo si è schiuso.
E' la stessa, ma è diversa.
E' la stessa, ma è diversa.
E' cambiato tutto. No, non tutto, lei.
Il dolore c'è ancora, ma riesce comunque ad aprire la finestra; poi, piano piano, spiana le pieghe delle lenzuola e rifà il letto.
Può andare, non è il massimo... ma può andare.
Ha trovato il modo, la chiave!
La chiave gira nella toppa del portoncino d'ingresso e un ciuffo spettinato e un po' sudato, come quello di un ragazzino appena tornato dall'oratorio estivo, si affaccia alla porta del salotto
" Ciao Atti! Sono tornato! Cosa ti preparo per pranzo?".
Ho letto il racconto tutto di un fiato, bramante di sapere cosa sarebbe accaduto ad Atti e alla signora Rigamonti. Quali sarebbero stati i loro pensieri intimi da superare o con i quali farci pace. Bellissimo e inaspettato il finale. C’è tanta ricerca introspettiva nelle protagoniste. Bello!
RispondiEliminaCiao Martina! Ti ringrazio del bellissimo commento. Spero che continuerai a leggermi in futuro. 🥰 Buona settimana e buona estate!
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